Torneo dell’amicizia 2016: diario di un sogno
Nessuna vittoria in amichevole e poco entusiasmo; alcuni giocatori, a pochissimi giorni dal torneo, rendevano note le loro difficoltà a partecipare all’evento dando solo una disponibilità parziale.
Il nostro bomber Ferdi Toro, colui che negli anni passati aveva fatto la differenza, non vedeva la porta nemmeno col binocolo; eppure qualcosa si scorgeva di tanto in tanto, nei primi minuti si riusciva ad esprimere un gioco, poi la frenesia portava a strafalcioni o momenti di blackout.
La preparazione al torneo non auspicava nulla di promettente, erano diversi coloro che, alla luce di tali difficoltà, partivano con la paura di non riuscire ad onorare i risultati dei tornei precedenti.
Così, in un modo o nell’altro, la banda guidata da Enrico Ventura, giorno 26 Maggio 2016 parte alla volta di Calanovella con in testa il Presidente Cirino Longo.
Arrivati con largo anticipo all’impianto di Brolo, trovavamo ad attenderci il sole cocente delle quattro di pomeriggio, la prima gara ci vedeva contrapposti alla sezione di Barcellona Pozzo di Gotto.
Il torneo inizia con la solita partenza decisa della squadra: si spinge, si scambia, si costruisce, i giocatori di carattere cercano di trasmettere grinta alla squadra ma non riusciamo a inquadrare la porta; poi la svolta: calcio di punizione al limite dell’area di rigore, leggermente defilato sulla destra, diversi si avvicinano al pallone ma solo uno resta: Ferdinando.
Respiro profondo prima di calciare e parte il tiro mancino con il pallone che impatta sulla schiena di un giocatore avversario in barriera ed entra così in porta: GOL!!! Catania si sblocca.
Ma è proprio questo il problema!
Come era già successo durante le amichevoli, il gol distrae, rende frenetici e fa perdere lucidità. Cominciamo a subire la corsa degli avversari, che recuperano facilmente palloni grazie ad i nostri errori; in qualche occasione si rischia ma si chiude fortunatamente il primo tempo in vantaggio. Però tra i giocatori della sezione di Catania c’è qualcuno che invece di spaventarsi, di innervosirsi e di correre a vuoto prova a tenere a galla la squadra: Roccy in difesa sbraita e ringhia, il capitano galoppa nella sua fascia di competenza, Cutru comincia a prendere confidenza e a riconquistarsi la sua fascia sinistra, De Fazio corre come un forsennato lottando su ogni pallone e segna anche un gol che però viene annullato per fuorigioco. Ma c’è soprattutto un altro giocatore che resta lucido, determinato, caldo, che corre e si dimena, lotta, tiene palla, forse l’aria del torneo ha avuto un effetto particolare, forse il ritorno al gol lo ha incoraggiato: è il nostro bomber, che prova a massimizzare ogni pallone giocabile fino a quando, nel momento più difficile della gara, quando i sostituti passano dalla quiete della panchina al caos del campo non azzeccandone una, quando il caldo comincia a gravare sul fiato di molti Toro parte dalla destra, si accentra verso il limite dell’area di rigore, mette il pallone sul sinistro e fa partire un tiro sul secondo palo: portiere battuto, 2-0 Catania e gran gol di Ferdi, ormai indiscutibilmente tornato!!!
Fortunatamente la partita finisce così e Barcellona dovrebbe per forza vincere contro i campioni uscenti di Agrigento per sperare in un passaggio del turno, cosa che non accade; matematicamente qualificate Catania ed Agrigento, adesso dovranno scontrarsi per determinare chi passerà il turno come prima del proprio girone. Rispettiamo i campioni uscenti ma non ci fanno troppa paura, forse perché sappiamo di poterci anche permettere di perdere. Mister Ventura infatti , dopo aver schierato gli stessi undici della prima gara, decide di cominciare a fare un po’ di cambi e fa entrare DAVVERO TUTTI per far crescere la fiducia; prova qualche nuova pedina tra cui Portoghese come difensore centrale, spostando Testaì nuovamente a centrocampo. Marco risponde bene: la possibilità di giocare più avanti lo rallegra, si sa, e inizia a far vedere che può dare un contributo determinante alla squadra. Le occasioni non mancano e, soprattutto, non si concede tanto fino a quando un cross che diventa tiro sorprende il nostro portiere che, leggermente fuori dai pali, può solo guardare il pallone infilarsi appena sotto la traversa. Si perde 1-0, così come l’anno scorso, con Agrigento ma stavolta siamo ancora in gioco: nel cuore e nei pensieri di molti nasce la considerazione che “bisogna fare di più!”.
Il mister comincia a rimuginare e prima di andare a dormire ci annuncia che sta pensando ad alcuni cambiamenti: anche lui, stimolato e motivato, vuole fare di più.
28 Maggio: quarti di finale a Gliaca di Piraino. Davanti a noi la sezione di Trapani: loro sono forti!
Il mister annuncia la formazione e, come alcuni cominciavano ad intuire, ci sono novità: cambio di modulo. Si passa al 4-3-2-1. Un albero di natale con questo caldo? Chissà, potrebbe funzionare. Testaì viene confermato a centrocampo ed il solido Ricky Porto come difensore centrale a fianco dell’insostituibile Roccy. Gli interpreti provano a cimentarsi col nuovo modulo. Il capitano, prima della partita, ci incoraggia, perché sa che questa può essere la partita della svolta o quella della delusione. E non lo fa solo a parole: pronti via e porta avanti palla solo, dalla trequarti fino al limite dell’area di rigore avversaria, superando e dribblando fino a quando non viene steso. Tutti, titolari e panchinari, hanno il tempo di rivedere nella propria testa l’azione del nostro Uolly, che è fatta di carattere, di grinta, di voglia di far vedere che le parole dette qualche minuto prima non erano solo parole. Si scuote qualcosa!
Il centrocampo diventa più lucido, i nostri terzini non sbagliano un movimento, la difesa è solida, le due mezzepunte fanno un po’ di fatica i primi minuti ma piano piano prendono fiducia. Ferdi continua a correre come un ossesso. Catania fa il gioco, subendo poco o nulla. Giallanza, tra i migliori a centrocampo, vede e serve al vertice sinistro dell’area di rigore Nino Urso, finalmente nella sua posizione preferita, che aggancia il pallone, mette palla sul destro e disegna una traiettoria a giro sul secondo palo “alla Del Piero”!
Boato, invasione di campo, un gol cercato e bellissimo, che dà fiducia alla squadra. Ma il Trapani c’è! Le due punte che mette in campo sono agili e veloci e quasi allo scadere del primo tempo, in una delle rare incursioni trapanesi in area di rigore, un attaccante riesce a fare breccia, viene fronteggiato in maniera pulita in area di rigore da Roccy, che però non riesce ad intercettare il pallone che arriva tra le gambe di un altro attaccante a due passi dalla porta: Ricky Porto arriva prepotentemente ma non può fare altro che stenderlo: rigore!
Si sa, nei rigori la percentuale di successo è nettamente a favore di chi calcia: 1-1 Trapani.
Ventura prova a cambiare qualcosa nel secondo tempo ma il caldo e la tensione appesantiscono le gambe di molti. Non quelle di Claudio, che continua a correre ed a dare l’anima fino a quando il suo ginocchio fa un movimento sbagliato, sente dolore e subito capisce che è il caso di fermarsi. La squadra è col fiato sospeso, non si può perdere una pedina così importante. Incrociamo le dita, perché solo questo si può fare; ma purtroppo il dolore non cessa, è costretto a lasciare il campo e poco dopo capiremo che il suo torneo è finito.
Il punteggio non cambia e si arriva ai tiri di rigore. Le sensazioni sono di assoluta incertezza, come ogni volta, la sezione di Catania teme quei tiri di rigore che solitamente hanno condannato la squadra nei tornei passati. Ma proviamo a farci forza a vicenda. Il più caricato da compagni e mister è il nostro portiere, il custode della nostra porta: Fusari. Si fa leva sul fatto che già ha subito un rigore durante la gara e non vede l’ora di vendicarsi! Si ripresenta sul dischetto lo stesso trapanese che ha realizzato il rigore in partita e Filippo mette in atto la sua vendetta: rigore parato e gli animi si scaldano.
Sul dischetto va anche Toro e inaspettatamente sbaglia. Che dire?! Anche Roberto Baggio ha sbagliato un rigore e questo non infanga la prova e la grinta che Ferdi ha messo sul campo. Fortunatamente anche un altro giocatore del Trapani stampa il pallone sul palo e così si arriva all’ultimo rigore. Sul dischetto Pitrogol, che non vede l’ora di battere quel rigore e chiudere la pratica, tant’è che si presenta in area di rigore correndo dal centrocampo. C’è chi si gira da un’altra parte, chi si isola, chi cammina nervoso, chi abbraccia un compagno. Pitro sistema il pallone e piazza una rasoiata alla sinistra del portiere che tocca ma non riesce a fermare: SI VA IN SEMIFINALE! Esplosione di emozioni, stavolta i segnali sono dalla nostra parte. E’ stata battuta un’ottima squadra….ma adesso c’è il Messina!!!
A pranzo siamo felici, ma concentrati. Sappiamo che abbiamo solo fatto leggermente meglio rispetto all’anno precedente e che a sprazzi abbiamo espresso un buon gioco contro il Trapani che, ad eccezione del rigore, non è mai stato pericoloso.
L’arbitro della gara sarà Velotto e già si respira l’aria di una gara importante!
Dopo pranzo andiamo tutti nelle stanze a cercare ristoro, a ricaricare le batterie, a scaricare la tensione.
Si sale in largo anticipo sull’autobus e già ci si incoraggia: alcuni cercano concentrazione guardando silenziosamente fuori dal finestrino! Abbiamo modo di vedere la prima semifinale: Palermo-Caltanissetta.
In tribuna guardiamo la partita concentrati e condividiamo osservazioni tecniche e tattiche; studiamo, o almeno ci proviamo. Poi il solito rito della formazione data dal mister tra primo e secondo tempo della partita che stiamo osservando: ancora il 4-3-2-1. Quell’albero di natale mai provato in allenamento, che pure ci sta permettendo di giocare sicuri e compatti. Andiamo a cambiarci negli spogliatoi e intanto Palermo e Caltanissetta sono ai rigori. Passa Caltanissetta ed i pronostici di inizio torneo sono rispettati.
Noi affrontiamo il Messina come ultimo ostacolo ad una suggestiva finale. E il Messina è una delle squadre che più nel recente passato ha giocato finali: come diceva scherzando il presidente D’Anna “La sezione di Messina è più una squadra di calciatori che di arbitri”.
E forse è proprio questo quello che accende gli occhi di molti; ma in uno in particolare divampa la fiamma della combattività.
Fischio d’inizio e Toro è scatenato: recupera palloni a centrocampo, sponde sugli inserimenti dei compagni, ma il più delle volte difende palla e prova da solo a sfondare la difesa messinese incuneandosi tra i loro pochi spazi. Raddoppio di marcatura del Messina su Toro, che prende spallate, calci. L’arbitro Velotto, che aveva cominciato questa gara con lo spirito di chi ha diretto più di 100 gare in serie B e si trovava ad arbitrare un piccolo torneo regionale di suoi colleghi arbitri, capisce che l’agonismo e il cuore che si mette in campo in queste partite merita l’attenzione che si deve a una gara tra professionisti e inizia a fischiare i falli sistematici sul giocatore finora più pericoloso degli etnei. Arriva persino il primo giallo.
In tutto questo il Messina? Non Pervenuto!
Ma la corsa e lo spirito di sacrificio di Toro non portano al gol. Dopo 10 minuti del primo tempo, ha pure una facile occasione sul destro, che non è il suo piede, ma il portiere para. Tutto sembra vano ma soltanto agli occhi dei meno attenti.
Perché quella fiamma che zigzaga sul terreno di gioco è contagiosa, comincia a trascinare i compagni e nessuno sbaglia più niente. Testaì e Giallanza sono i cuori pulsanti del centrocampo, Urso è il collante resistente tra centrocampo e attacco e Severino riesce a incanalare tutta la sua corsa in una sola direzione: quella giusta. Ne esce un cavallo di razza che si trova sempre nel punto giusto al momento giusto! D’Aquino tiene a freno i suoi nervi pensando più a giocare, anche se l’istinto vuol prendere il sopravvento. Quei quattro in difesa (Uolly, Ricky, Roccy e Cutru) non sbagliano niente da due gare consecutive e Fusari, pur restando praticamente inoperoso, non sbaglia un rinvio. Ma pian piano la fatica comincia a farsi sentire, le tre gare disputate fino ad ora pesano nelle gambe e negli acciacchi di tanti. Toro, forse frustrato dalla staticità del risultato, continua a spremersi, ma il primo tempo si chiude col punteggio di 0-0. Pochissime parole del Mister, più che altro si riprende fiato. Sappiamo tutti che manca poco, bisogna solo stare concentrati: sono loro in difficoltà.
Si riprende e ancora Toro prova a sfondare la difesa Messinese che raddoppia, triplica la marcatura e poi ancora l’ennesimo fallaccio sull’attaccante etneo. A farlo è l’unico giocatore del Messina sulla lista dei cattivi: doppia ammonizione ed espulsione: Messina in 10!
Toro è stremato, chiede subito la sostituzione, non ce la fa più; qualcuno si preoccupa possa essersi infortunato visti i calci presi ma sono solo crampi e dolori dovuti alle botte subite.
Così quella fiamma, che aveva acceso gli occhi dei 10 compagni in campo, viene trasmessa anche alla panchina, che ora freme, si agita, scalcia e vuol restituire quello che ha visto, vuol dimostrare di far parte di questo gruppo.
Ora è il nostro momento e non bisogna perdere tempo. Intanto Amato e Ferlito hanno dato fiato ad Urso e Toro. Si continua a spingere provando inserimenti con Severino che è sempre più scatenato, il mister cerca di dosare le forze di tutti con altre sostituzioni a centrocampo e Zavota prova a far valere la superiorità numerica; gli spazi la davanti cominciano a fare la differenza, persino Amato riesce a trovare i tempi per gli inserimenti tra le maglie difensive messinesi. Poi, una delle tante galoppate di Seve viene fermata con l’ennesimo fallo di gioco: punizione dalla trequarti!
D’Aquino non riesce stavolta a trattenere la sua grinta agonistica e dà inizio alla sua classica eruzione che però viene prontamente interrotta sul nascere da tutti i suoi compagni, che provano a riportarlo nel mondo della ragione tirandolo fuori da quello dell’isteria; uno su tutti, Lele Amato, per riportarlo in se, si tuffa egli stesso nel mondo dell’isteria, sbraitandogli di tutto e puntandolo come un pitbull: solo così il nervosismo si calma. Appena in tempo, perchè dalla difesa era arrivato persino Roccy! Sanfilippo si arrampica alla panchina, contagiato dalla frenesia del campo.
Testaì posiziona il pallone sul punto dove Severino è stato abbattuto, Rincorsa e pallone che disegna un arco e impatta sulla traversa; ma il portiere, in volo nel tentativo di intercettare il tiro, si ritrova il pallone che rimbalza inesorabilmente sulla sua schiena e lentamente entra in rete: GOL! Catania in vantaggio. Esplodiamo in un grido di gioia e ardore.
Torniamo concentrati, il Messina prova a reagire, devono uscire il 120% anche loro se vogliono impensierirci.
Il mister comincia a fare degli accorgimenti tattici: si passa al 4-4-2, Toro rientra in campo, ma la lotta non cessa a fermarsi. Intanto qualcuno fa notare a Velotto di aver fatto qualche minuto in meno del previsto nel primo tempo. Il tempo passa e le voci dalle panchine si fanno sempre più forti ed insistenti. Velotto è costretto a fermare il gioco, chiama i capitani: il gioco resta fermo per quasi cinque minuti, un’eternità percepita in campo. Alla fine il responso: si giocherà per altri 7 minuti più recupero.
Il Messina prova a difendersi e spingere, Ventura dalla panchina sentenzia: 4-5-1, altro modulo mai provato ma sappiamo tutti cosa fare, il Mister ci indica come farlo, e la difesa diventa il nostro primo pensiero.
A pochi minuti dalla fine, un fallo a favore del Messina viene fischiato al limite dell’are di rigore degli etnei. Parte il tiro che scavalca splendidamente la folta barriera, ma trova il palo alto a negare il pareggio;
Triplice fischio: SARA’ FINALE!!!
L’entusiasmo è alle stelle, quasi nessuno di noi ha mai giocato una finale in questo torneo. Solo Urso e Giallanza hanno vinto una volta il trofeo. I dolori fisici sono spariti, si salta e ci si abbraccia, scendono i dirigenti, sono cori e sorrisi per tutti; qualcuno tra le lacrime nasconde una felicità immensa e non può smettere di ridere singhiozzando, altri si stringono così forte da infortunare il nostro amuleto più prezioso: Biagio Schilirò! Ed è anche giusto che proprio lui, che in questi anni si è così prodigato per la squadra, mettendo sacrificio, presenza, passione, riceva fisicamente la felicità tangibile, frutto anche del suo lavoro. Anche se certamente avrebbe preferito una cena di gala a base di pesce!
Sabato 28 Maggio 2016 è stata segnata sul calendario di molti sportivi come una data importante: Finale di Champions Real Madrid – Atletico Madrid; ma per noi l’unico pensiero era il letto.
I dolori e gli infortuni li avevamo tutti, al bar appena vedevano entrare uno di noi preparavano la busta col ghiaccio. Il mister ci dà appuntamento in terrazza dopo la finale di Champions, solo poche parole prima di andare a riposare. La brezza marina ed il profumo dei cornetti offerti dal mister come meritata ricompensa per gli sforzi profusi legano e chiudono i nostri cuori in una giornata tanto bella quanto faticosa.
Torniamo tutti in camera e le luci si spengono istantaneamente. Solo l’indomani qualcuno confessa di aver fatto fatica a prendere sonno, per le emozioni vissute durante la giornata, per l’adrenalina o la tensione dell’indomani; o magari provando ad immaginare l’epilogo di questo torneo.
Arriva il giorno della finale, le nuvole velano finalmente l’impietoso sole ed un venticello modera le temperature. E’ arrivato il tempo di trovarsi faccia a faccia con chi ha scalato la nostra stessa montagna, ma dal versante opposto. Sul pullman Luciano Nicolosi, con la poca voce rimastagli, prende il microfono e trasmette tutte le sue emozioni alla squadra, urlando e quasi piangendo: facendo dichiarazioni amorose mai ritrattate fino a oggi.
Arriviamo all’impianto sportivo di Brolo con il solito largo anticipo: qualcuno prima di varcare il cancello sussurra “qui tutto è cominciato, e qui tutto finirà”!
Solita concentrazione negli spogliatoi, ci si fascia, ci si protegge e si prova ad alleviare il dolore di molti acciacchi, ma si stringono i denti. Ci siamo promessi di non avere rimpianti, di giocare questi ultimi minuti al massimo delle nostre capacità.
L’arbitro sarà addirittura il presidente regionale Cavarretta. La tribuna si popola di curiosi e supporters che sono partiti la mattina presto da Catania per poter incitare i compagni. Tra questi lo sfortunato Ennio e Smario. Si respira aria di concentrazione e rispetto per l’avversario.
Comincia una gara attenta e precisa della sezione di Catania, che affonda e blocca sul nascere le ripartenze avversarie. Come avviene ormai in tutte le partite disputate fino a ora, i primi minuti sono una escalation di occasioni: miracolo del portiere del Caltanissetta su colpo di testa di Toro che si fionda su una palla vagante in area di rigore, la solita punizione pericolosa di Testaì che però stavolta non fa male, un altro pallone arriva sul sinistro di Toro sulla trequarti campo ma Ferdi, forse perchè insicuro, forse perchè stanco e poco lucido, non tira di prima intenzione e si va a chiudere nei pressi del calcio d’angolo. La stanchezza è tanta, il portiere Fusari stavolta è impegnato: in un paio di ripartenze avversarie è dovuto restare lucido nelle uscite, una su tutte quando è rimasto in piedi sul tentativo di pallonetto dell’ala sinistra del Caltanissetta.
L’occasione più netta ed artistica non poteva che capitare sui piedi di Severino. Dal limite dell’area di rigore decentrato verso sinistra, cattura di prima intenzione un pallone che cadeva dalle stelle: l’impatto è perfetto, la traiettoria pulita ma solo pochi centimetri negano l’emozione del gol. Le regole non scritte del calcio si conoscono bene ed alcune sono davvero spietate: gol sbagliato, gol subito!
E dopo pochi minuti dall’arcobaleno in bianco e nero disegnato da Severino, una delle tante incursioni delle ali del Caltanissetta, stavolta l’ala destra, irrompe nella nostra area di rigore, punta Sergio e lo salta, avviene tutto in un battito di ciglia: reazione stizzita ed istintiva del nostro Roccy, che non riesce a bloccare la sua gamba che non accetta la resa e colpisce l’avversario: rigore netto, Cavarretta non ha dubbi!
Speriamo tutti in Fusari ed un suo miracolo che però stavolta non si compie.
Caltanissetta 1 – Catania 0.
Finisce il primo tempo, lo sconforto è lampante, ma ci siamo promessi di non avere rimpianti. Quindi in panchina solo parole di incoraggiamento. Ventura prova a mettere forze fresche in campo, si cerca di dosare le forze di tutti e si spinge, si rincula e si spinge ancora; si torna al 4-4-2, il Caltanissetta non riesce a chiudere la partita ma il Catania non ha la forza di dare la zampata decisiva; diverse sono le fasi di stallo davanti all’area degli avversari, fino a quando, uno dei loro letali contropiedi non si trasforma in gol: la loro ala sinistra riesce a guadagnare il fondo, punta l’area di rigore e mette al centro un pallone che viene deviato il rete. E’ il gol che chiude la partita. Ci saranno vani calci d’angolo battuti, varie galoppate e ripartenze sulle fasce, ma il risultato non cambierà.
Triplice fischio. Il sogno è sfumato, il destino sembrava dalla nostra parte e le muse pronte a cantare le nostre gesta ma il trofeo lo vince Caltanissetta.
La vittoria più grande: il rispetto degli avversari, che sono abituati a dominare in questa competizione, o a doversi confrontare più con l’irruenza degli avversari che con la loro preparazione e organizzazione tecnico-tattica. Questo non ferma le lacrime di molti, che hanno un gusto decisamente più amaro rispetto a quelle di poche ore prima. Non è questo il giorno della Gloria ma certamente, nel cuore di ognuno di noi, vi è la consapevolezza che non è nemmeno il giorno dei rimpianti. Abbiamo messo l’anima ed il cuore, ma gli episodi di una partita difficile, giocata alla pari, ci hanno condannato. Questo traspare dagli occhi della dirigenza e dai nostri colleghi, che scendono dalla tribuna in campo per rassicurarci, ringraziarci e consolarci. La stanchezza prende il sopravvento, qualcuno dei più maturi e razionali sorride sul pullman, consapevole di aver visto questo gruppo, che all’inizio del torneo sembrava non avesse speranze, crescere, sostenersi e spronarsi, fino a conquistare meritatamente il diritto di giocare una finale contro i più forti! L’amaro in bocca a molti di noi passerà definitivamente alla premiazione quando il futuro presidente della sezione di Caltanissetta, un grande uomo di sport come Giordano dice “…è sempre bello vincere un torneo ma è davvero più bello vincerlo con avversari tanto bravi e tanto forti come quelli della sezione di Catania”: è la dimostrazione che siamo stati all’altezza, che abbiamo divertito ed entusiasmato. Abbiamo fatto il massimo e questo è il nostro punto di partenza.
La mescolanza di età e caratteri diversi, di passioni e manie, di esperienze e sogni, hanno formato un connubio omogeneo in grado di far crescere esponenzialmente la forza di questa squadra.
E’ stato un bel viaggio, che ci ha lasciato tanto: prima tra tutte, la consapevolezza di voler stare insieme, uniti e compatti verso un unico obiettivo. Il prossimo anno non si sa cosa ci riserverà ma basterà tenere a mente quanta differenza hanno fatto la nostra determinazione, il nostro entusiasmo, la nostra grinta per vivere un’altra avventura così entusiasmante…magari con un epilogo diverso.